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Come avviene il riciclo delle batterie al litio

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Smaltimento batterie al litio

Le auto elettriche, inquinano, non inquinano, ho scritto di questo argomento ed è stato scritto tanto, opinioni discordanti, si, ma di certo c’è un comune denominatore, cioè, sono meno clima-alteranti dei veicoli con motore a combustione interna.

Questo articolo risponderà ad alcune domande, che ormai tutti ci poniamo, riguardo al riciclo delle batterie al litio, di oggi e quelle del futuro, ma soprattutto, riguardo allo smaltimento e al ciclo vitale delle batterie. Cominciamo col dire cos’è il Litio.

Il Litio

Riserva di Litio

Il litio è l’elemento chimico della tavola periodica degli elementi, indicato con il simbolo Li e con numero atomico 3. Appartiene al primo gruppo. Il litio, nella sua forma pura, è un metallo tenero color argento, che si ossida rapidamente a contatto con l’aria o l’acqua. Si trova in abbondanza, in Australia, in sud America, in Cina.

La Cina, non è il maggior estrattore di questo elemento, ma è il maggior consumatore e il maggior produttore di batterie al litio.

Riciclo batterie al litio nel mondo

Come potete vedere dal grafico, la percentuale di batterie riciclate nel mondo, è già abbastanza importante, ma non si deve abbassare la guardia, in quanto, non si può prescindere dal recupero di tutti i materiali compresi il Litio, il Manganese, il Nichel, il Cobalto, se si vuole un prodotto, eco-sostenibile; un prodotto infatti, se porta al consumo di risorse non rinnovabili, non è un prodotto sostenibile.

100.000 tonnellate di batterie al litio riciclate, il 50% di quelle arrivate a fine vita

Ovviamente, parliamo non solo delle batterie delle auto elettriche, ma anche di quelle più piccole, che troviamo nei nostri piccoli elettrodomestici, quali i pc, gli smartphone… Le compagnie che si occupano del riciclo, sono più di 50 ed il paese più virtuoso con 60.000 tonnellate è la Cina, seguito dalla Corea del sud con 18.000, Giappone, Unione Europea, Canada e Stati Uniti d’ America. L’ Italia non stà li a guardare e il riciclo Made in Italy per le batterie al litio arriva da una ricerca affidata dal Cobat all’Istituto del CNR ICCOM – Istituto di chimica dei composti organometallici di Firenze.

Il brevetto italiano, consente il recupero del Nichel, del Cobalto e del Manganese, quindi non solo del Litio. Attualmente, la maggior parte delle batterie dell’ Unione Europea, finisce in Germania…

Non di secondo piano è il principio del second life: le batterie ormai usate, vengono utilizzate come accumulatori di energia, in stazioni chiamate energy storage.

Batterie allo stato solido

Energy storage

Le batterie al litio, negli ultimi anni, sono migliorate tantissimo, tant’ è che il prezzo al kWh, è diminuito sensibilmente, ma ancora ci sono molti margini di miglioramento, che porteranno tra il 2025 e il 2030, ad avere, batterie al litio che saranno più capaci e costeranno il 40% in meno. Il risultato sarà quello di avere automobili con più autonomia(700/800 km) e che costeranno quanto le auto con motore endotermico.

Ma non finisce qui! Infatti, avremo a disposizione anche altre tecnologie, come quella delle batterie allo stato solido, che non saranno agli ioni di litio con elettrolita liquido o polimerico, ma appunto allo stato solido. Si ritiene che questa tecnologia, garantisca prestazioni 10 volte superiori, ma “ahinoi”, prepariamoci ad aspettare almeno 10 anni!

Guida autonoma o guida sicura? Si alla prima!

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Via libera del Ministero alla guida autonoma

E’ di poco tempo fa, la notizia che la Direzione generale Motorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha rilasciato l’autorizzazione alla sperimentazione su strada pubblica del primo veicolo a guida autonoma in Italia. Si tratta del primo via libera del Ministero che arriva dopo il parere positivo espresso il 22 marzo 2019 da parte dell’Osservatorio tecnico di supporto per le Smart Road. Con questo atto formale si dà ufficialmente avvio alle sperimentazioni di veicoli automatici su strada pubblica in Italia(specifici tratti stradali a Parma e Torino).

Corsi di guida sicura, fuori dal codice della strada

Anche il Codice della strada potrebbe cambiare definitivamente volto. E’ infatti pronto il testo base, ma ancora una volta ahimè non sono stati inseriti i corsi di guida sicura obbligatori. Grande lacuna italiana! Per fortuna c’è chi come Bosch ci crede…crede che il miglior sistema di sicurezza sia l’uomo, infatti ha ampliato l’offerta formativa per la guida sicura, estendendo i corsi anche alle aziende satellite e non. Prima era solo per i dipendenti. Il titolo provocatorio di questo articolo, non vuole assolutamente bocciare la tecnologia, infatti ritengo che alcuni sistemi di assistenza alla guida, siano davvero utilissimi per garantire una maggior sicurezza durante la guida e per ridurre gli incidenti stradali gravi. Ben venga l’obbligatorietà ormai imminente degli ADAS.

Ostacoli burocratici e assicurativi

Però è necessaria una riflessione. Il pilota automatico nelle automobili è già tecnicamente possibile, ma dovrà superare molti ostacoli burocratici e assicurativi; soprattutto quest’ultimi, rappresenteranno lo scoglio più difficile da superare.

Chi paga in caso d’ incidente?

Di chi è la responsabilità penale?

L’ omicidio stradale a chi verrà attribuito?

E’ colpa del proprietario del veicolo o dell’ azienda che ha costruito l’ auto o meglio ancora di chi ha progettato il software, in caso di incidente mortale?

Tutte queste domande dovranno trovare risposte certe e solo allora si potrà pensare alla guida autonoma concretamente. Non ultimo il problema della convivenza tra auto con pilota automatico e auto guidate da esseri umani.

E per finire l’ultimo quesito, le nostre strade e soprattutto le nostre città sono pronte per tutto questo? Concludo manifestando le mie perplessità sull’ imminenza del cambiamento epocale.

Ecco gli ADAS(Advanced driver assistance systems OVVERO sistemi avanzati di assistenza alla guida)

I livelli sono 6 e sono stati redatti dal SAE(society of automotive engineers ) che è un ente di normazione nel campo dell’industria aerospaziale, automobilistica e veicolistica. Ha la sua sede centrale a Troy, nello stato del Michigan (USA). L’ente si occupa di sviluppare e definire gli standard ingegneristici per veicoli motorizzati di ogni genere, tra cui automobili, autocarri, navi e … :

Livello 0: nessuna assistenza(maggior parte delle auto in circolazione).

Livello 1: assistenza alla guida (cruise control adattivo, frenata assistita, sistema di mantenimento della corsia….), quindi la maggior parte delle auto oggi in vendita!

Livello 2: parziale automazione (sterzo attivo solo in autostrada, l’auto curva da sola, cambio automatico della corsia azionando la freccia).

Dal livello 3 in poi i sistemi di assistenza hanno il controllo della guida e al momento il livello 3 che è disponibile su alcune ammiraglie blasonate non è consentito dal codice stradale europeo!

Livello 3: automazione in zone prestabilite fino a 60 km/h,( traffic jam pilot che gestisce autonomamente gli incolonnamenti nel traffico agendo su acceleratore, freno e sterzo all’ interno della propria corsia) ad esempio new Audi A8.

Livello 4: alta automazione fino a 130 km/h, traffic jam pilot più evoluto rispetto a quello del livello 3, che consente di avere la totale automazione nella guida autostradale (concept car).

Livello 5: automazione totale che consente di fare a meno dell’ installazione del volante! (concept car).

Torque Vectoring: la ripartizione di coppia è ottimale

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Auto più sicure col Torque Vectoring

Il torque vectoring, grazie agli ingegneri ed i tecnici che operano nel settore automotive, ha reso le auto più sicure. Il legislatore fortunatamente ha recepito l’importanza della sicurezza delle auto e ogni qual volta si rende conto di come l’elettronica salvi le vite, obbliga le case costruttrici ad omologare veicoli con tutti gli aggiornamenti per la sicurezza attiva e passiva.

Sistemi di sicurezza

2002: Airbag frontali/anteriori su tutte le nuove vetture

2004: ABS obbligatorio su tutte le vetture che escono dalle fabbriche

2014: ESP obbligatorio per tutte le auto di nuova progettazione

Dal 2021 l’unione Europea imporrà alle case costruttrici di produrre veicoli che hanno in dotazione i seguenti 12 dispositivi: frenata d’emergenza, blocco avvio tramite alcool test, rilevamento stanchezza, rilevamento distrazione, scatola nera, segnale di frenata d’emergenza, protezione frontale per l’occupante e cinture di sicurezza migliorate, aumento dell’area di impatto della testa di pedoni e ciclisti e cristalli rinforzati, cruise control intelligente, sistema di mantenimento della corsia, sistema di protezione per gli impatti laterali, telecamera posteriore.

Ma veniamo a noi e sveliamo a cosa serve il torque vectoring. Facendo la mera traduzione, torque vectoring significa vettorizzazione di coppia.

La freccia rossa, indica l’ imbardata, ovvero la rotazione della vettura intorno all’ asse verticale
grazie al Torque Vectoring


Torque Vectoring

Il vettore di coppia è una tecnologia impiegata nei differenziali automobilistici ed è un dispositivo di sicurezza attiva. Funziona automaticamente e non sostituisce il controllo di trazione e l’esp (controllo della stabilità). L’obiettivo principale del torque vectoring è quello di variare in modo indipendente la coppia su ciascuna ruota.

Nello specifico, ha la funzione di frenare la o le ruote con minor aderenza al fine di trasferire più coppia alle ruote con maggior aderenza. È molto utile sui fondi stradali difficili (pioggia, neve-ghiaccio, fango…), ma anche in curva, in quanto oltre ad aumentare la sicurezza e la motricità, aumenta il piacere di guida, la guidabilità.

Interpretazione diversa ma stessi risultati

Ogni casa automobilistica ha dato un’ interpretazione diversa a questo dispositivo, ma il risultato finale è lo stesso. Grazie all’ elettronica, il torque vectoring implementa la funzione meccanica del differenziale che è quella di differenziare appunto la velocità di rotazione delle ruote motrici.

Quando percorriamo una curva(ruota interna percorre meno strada, quindi deve girare più lentamente), il torque vectoring, frena leggermente la ruota più interna alla curva, per dare più coppia alla ruota più esterna alla curva che è la ruota con più aderenza.

Conclusioni

Direi: andiamo avanti così, questo è l’auspicio, ma, tenendo sempre a mente che l’uomo/guidatore, ben formato e consapevole dei rischi che si corrono per strada è il “dispositivo” di sicurezza più all’avanguardia.

Vw dopo il dieselgate, verso l’auto elettrica!

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Metano e/o Elettrico, la ricetta Volkswagen per archiviare il dieselgate

La Volkswagen va’ forte con il metano e prende batoste col dieselgate. È recente  la notizia, che vede un ricorrente tedesco, ex proprietario di una Sharan, vincente; ebbene si il colosso tedesco dovrà pagargli il risarcimento. Sarebbe poco male se fosse finita qui. C’è una class action in piedi, che userà questo isolato successo per fare breccia. Tempi duri per la casa di Wolfsburg. Altroconsumo non ha dubbi, il risarcimento è vicino per tutti. Che batosta il dieselgate per la Vw!

Dieselgate

Emissioni CO2: limiti stringenti dal 2021

Massimo 95 gr/km di emissioni di CO2 a partire dal 2021, 80 a partire dal 2025 e a partire dal 2030 addirittura 59 gr/km. Di fronte a queste richieste da parte dell’ Unione Europea, anche la Volkswagen, attuale leader indiscussa nella produzione e vendita di veicoli a metano, sembra intenzionata a tirare i remi in barca, seppur il motore alimentato a metano e quello diesel, sono quelli che tra i propulsori endotermici emettono meno climalteranti(CO2), per investire in maniera massiccia sulla trazione elettrica. Credo che ormai, lo SWITCH sia vicino. Benvenga il passaggio all’ elettrico, ma che vengano fatte le cose per bene. Mi spiego: infrastrutture(colonnine di ricarica rapida, almeno da 50 Kw); riduzione dei prezzi di acquisto dell’ auto elettrica e/o aumento degli incentivi; pensare a come approvvigionarsi l’ energia elettrica nel nostro paese (è impensabile ridurre le emissioni di CO2 con centrali elettriche al carbon fossile e/o dipendere dall’ estero, quindi avanti tutta con le rinnovabili, se si può e incentivare il vehicle to grid); queste sono tematiche che non possono essere non considerate, se davvero si vuole elettrificare il parco auto nei prossimi 5/10 anni.

Anche la FIAT verso l’elettrificazione

La FIAT ha presentato da poco la 500 elettrica (Marchionne era per il metano, ma si sarebbe anche lui ricreduto)! Molto bella e con caratteristiche tecniche di tutto rispetto, ma 37.000 euro anche se per il top di gamma, sono troppi.

Le colonnine di ricarica, sono latitanti, soprattutto quelle molto potenti (> 100kw), che permettono ad auto, come le TESLA, di ricaricarsi in un tempo ragionevolissimo (tranquillamente in meno di un’ ora). In Italia, il 12% dell’energia elettrica viene importata dall’estero. Se paradossalmente tutto il parco auto italiano e cioè 37.000.000 di veicoli, fosse elettrico, il sistema potrebbe sbilanciarsi, quindi come dicevo prima è necessario incentivare il vehicle to grid e la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Sarebbe impensabile aumentare l’importazione di energia, in quanto i prezzi al kWh aumenterebbero troppo e peggio ancora sarebbe il ricorso in misura maggiore al carbon fossile.

Conclusioni

Quindi, non solo le case automobilistiche dovranno fare dei sacrifici, per progettare e produrre auto sempre più green, ma anche i governi… Concludo dicendo, che l’Unione Europea, se non vuole derogare le sue direttive nei prossimi anni, anche a causa della pandemia in corso, che metterà in difficoltà molti produttori di automobili, deve sensibilizzare/aiutare gli stati membri per permettergli di arrivare al tanto agognato SWITCH. Solo allora, si potrà dire, elettrico avanti tutta!

L’idrogeno che fine ha fatto? Vediamo a che punto stiamo

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L’idrogeno come alternativa green

Ultimamente si parla molto di CO2 e di guerra ai motori diesel e si pensa ad un futuro imminente della trazione full elettrica, ma si parla poco o niente dell’ alternativa che ci fornisce l’idrogeno.

L’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’universo osservabile. A pressione atmosferica e a temperatura ambiente, si trova sotto forma di un gas biatomico avente formula H2. Tale gas è incolore, inodore, insapore e altamente infiammabile ed è il combustibile col più alto contenuto energetico. Come può essere impiegato nel mondo automotive? Le declinazioni sono essenzialmente due:

combustibile liquido stoccato in bombole alla temperatura di -253° che alimenta un normalissimo motore endotermico bi-fuel (benzina-idrogeno)

fuel cell alimentate da idrogeno gassoso stoccato in bombole alla pressione di 700 bar e ossigeno. Nel primo caso avremmo automobili che dalla marmitta farebbero uscire vapore acqueo. Nel secondo caso avremmo delle auto a trazione elettrica, che emetterebbero acqua purissima.

Le 4 opzioni principalmente usate per lo stoccaggio dell’ idrogeno.

Idrogeno liquido e gassoso

L’ idrogeno liquido verrebbe prodotto tramite un processo chiamato reforming da petrolio e metano, ma ha due grandi inconvenienti: restano da risolvere i problemi sulla raccolta e sulla separazione della CO2 che ne deriverebbe e la permanenza della dipendenza dal petrolio.

L’idrogeno gassoso, verrebbe prodotto per elettrolisi dell’ acqua e utilizzato nelle fuel cell, che è un dispositivo che converte l’energia chimica di un combustibile in energia elettrica e calore senza utilizzare cicli termici.

Fuel cell

Le celle a combustibile alimentate a H2 consentono di produrre energia elettrica e acqua calda a partire da idrogeno e ossigeno. Il processo che avviene al loro interno è esattamente contrario all’elettrolisi: quando si scinde l’acqua (H2O) in H2 ed O2 è necessario fornire corrente, invertendo il processo si produce corrente( che alimenta il motore elettrico) e acqua.

Conclusioni

Probabilmente la strada da seguire se si vogliono raggiungere davvero l’indipendenza dal petrolio e la riduzione della CO2, passando per l’impiego di massa di veicoli elettrici è quella delle celle a combustibile(fuel cell). Speriamo che questa tecnologia che a mio modesto parere,mette tutti d’ accordo, politici/burocrati e ambientalisti, venga rispolverata e messa in pole position. Ma la Cina che è il maggior produttore di batterie di nuova generazione lo permetterà? Video

Auto ad idrogeno, tra passato e futuro

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Massimiliano Longo

L’ing. Massimiliano Longo, negli anni ’70 modificò una splendida Alfa Romeo 1300 GT, per trasformarla in un’auto ad idrogeno e funzionava perfettamente. L’ idrogeno veniva stoccato in bombole, installate nel bagagliaio e veniva prodotto sfruttando l’elettrolisi. Purtroppo nessuna casa automobilistica volle sviluppare il progetto su larga scala e siamo così arrivati nel 2020 e si continua a parlare di alimentazione ad idrogeno; diventerà mai una realtà?

Un tempo gli Arabi la facevano da padrone e nessun governo si azzardava a dare spazio, a carburanti alternativi a quelli derivanti dalla raffinazione del petrolio; oggi i tempi sono cambiati e si parla di motori ibridi ed elettrici, che sono alimentati da batterie al litio e si sa che il litio si trova in abbondanza in Cina, che guarda caso è il maggior produttore di batterie al mondo… I cinesi diventeranno gli “arabi del litio”? Se così fosse, l’idrogeno, temo, dovrà aspettare ancora. Ma in pole position, c’è una soluzione alternativa che metterebbe tutti d’ accordo anche l’ing. Longo; le FUEL CELL!

Fuel Cell

Le fuel cell, sono un dispositivo che converte l’energia chimica di un combustibile in energia elettrica e calore senza utilizzare cicli termici. Le celle a combustibile alimentate ad idrogeno (H2) consentono di produrre energia elettrica e acqua calda a partire da idrogeno e ossigeno. Il processo che avviene al loro interno è esattamente contrario all’elettrolisi: quando si scinde l’acqua (H2O) in H2 ed O2 è necessario fornire corrente, invertendo il processo si produce corrente (che alimenta il motore elettrico) e acqua. Il risultato sarebbe un veicolo elettrico, alimentato ad idrogeno!

Conclusioni

Cinesi contenti, perché continuano a produrre batterie, le case automobilistiche possono continuare con lo sviluppo dei veicoli elettrici per abbassare i valori medi di CO2, delle loro auto a listino e mettersi in regola con le sempre più stringenti norme antinquinamento, gli automobilisti non avrebbero più ansia da scarsa autonomia(che c’ è per l’ elettrico) e soprattutto, l’ambiente ringrazierebbe… Staremo a vedere, ma anche con le auto ad idrogeno, così come con le auto elettriche, ci sono scogli da superare, come la mancanza di infrastrutture e quelli legati alla pericolosità in caso di incidente e di approvvigionamento nelle stazioni di servizio; ricordo che l’idrogeno gassoso verrebbe stoccato nei serbatoi ad una pressione di 700 bar, contro i già famigerati 200 bar del metano. W l’ambiente!

Le auto elettriche, inquinano oppure no?

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Emissioni zero?

Le auto elettriche inquinano? Domanda di assoluta attualità, in quanto il mondo dell’auto è nel bel mezzo di una trasformazione epocale. La lotta all’inquinamento si fa serrata e non può prescindere dall’elettrificazione del parco auto mondiale.

Ho detto elettrificazione, non a caso, ma perché ritengo che nei prossimi 5/15 anni assisteremo ad un cambiamento del parco auto graduale, che vedrà a braccetto, una promiscuità di tecnologie più o meno green. Vi dico perché.

Centrale idroelettrica di pompaggio

Non tutti sanno, che lo stoccaggio dell’energia elettrica, in tutto il mondo, è affidato per il 99% (fonte enel) al pompaggio idroelettrico.

Proprio così, è affidato a degli impianti idroelettrici a pompaggio, indispensabili per aiutare la rete elettrica nei momenti di surplus energetico, in quanto sono in grado nei momenti di bassa richiesta, di solito nelle ore notturne, di accumulare energia preziosa da restituire al sistema quando ce n’è bisogno(attraverso il pompaggio di acqua che riempie gli invasi) appunto e sono molto efficienti, infatti, vantano un rendimento pari al 70%.

Centrale idroelettrica di pompaggio

Riflettiamo insieme: se un parco auto elettrico importante, dovesse mai esistere in Italia, cosa succederebbe alla rete elettrica? Andrebbe in crisi?

Studio condotto dal RSE

L’RSE, ha condotto una studio tutto italiano, in cui si evince che nei prossimi 10 anni, ci saranno nel bel paese, una cosa come 10 Milioni di veicoli elettrificati(elettrici ed ibridi plug-in), che incideranno per meno del 5% sul fabbisogno annuale di energia, quindi la rete elettrica reggerebbe tranquillamente. Quindi?

Molti automobilisti, metteranno la loro vettura elettrica, in carica la notte.

Salvo i più fortunati che potranno ricaricarla presso le aziende in cui lavorano durante il giorno e quelli che la ricaricheranno in autostrada durante un viaggio.

Beh, allora verrebbe meno il benefico effetto di cui sopra degli impianti idroelettrici a pompaggio, in quanto il periodo notturno non potrà più essere considerato di bassa domanda e lo stoccaggio di energia sarebbe minore. Come se ne verrebbe fuori?

Il 40% dell’energia italiana proviene da fonti rinnovabili

Semplice, potenziando la produzione di energia elettrica, usando però centrali a gas e carbone; purtroppo in Italia attualmente le rinnovabili coprono il 40% del fabbisogno di energia. Ecco la risposta alla domanda; le elettriche non sono a zero emissioni, perché per produrre energia occorre anche il ricorso al carbon fossile. Però sicuramente le elettriche sono meno climalteranti di auto con motori endotermici, quindi le emissioni di CO2 sarebbero comunque inferiori e l’uomo e l’ambiente ringrazierebbero.

Dallo studio esce fuori un dato abbastanza interessante: 10 Milioni di auto elettriche, immetterebbero nell’ atmosfera circa 75g/km di CO2, molto meno di un diesel o di un motore alimentato a metano di oggi (che sono i due endotermici più virtuosi dal punto di vista delle emissioni di CO2). Ora entra in gioco il vehicle to x e la risposta, quindi, al secondo quesito.

Il vehicle to x

Vehicle to x

E’ un sistema di ricarica intelligente (vehicle to x), di cui sono dotate per il momento le auto elettriche giapponesi, ma si sta diffondendo rapidamente.

Consiste in una bidirezionalità energetica, grazie ad un sistema di ricarica con inverter bidirezionale appunto.

In pratica quando la vettura è collegata alla rete elettrica, la batteria, può ricaricarsi o cedere al bisogno, l’energia immagazzinata nelle celle, alla rete elettrica nazionale (vehicle to grid) o alla linea elettrica dell’abitazione (vehicle to home).

Sistema geniale e indispensabile per bilanciare la rete elettrica nei momenti di alta domanda. Questo sistema è già il presente e recentemente è stato normato in Italia, attraverso un decreto pubblicato in gazzetta ufficiale lo scorso 14 febbraio 2020.

Chiaramente gli attori, saranno diversi, quindi non è tutto fatto e pronto.

Pensate che chi aderirà, dovrà siglare dei contratti veri e propri con le autorità energetiche, per stabilire ad esempio gli orari in cui l’ automobilista è disposto a fornire corrente alla rete e quanto debba essere remunerato per questa cessione, però è un inizio che porterà certamente dei frutti green…

Conclusioni

In conclusione, i risultati delle simulazioni di scenario effettuate dal RSE, portano a stimare che anche una diffusione di 10 Milioni di auto elettriche al 2030 ha un impatto marginale (inferiore al 5 per cento) sullo sviluppo e sull’esercizio del sistema di generazione, riduce le emissioni di CO2 complessive, i consumi di combustibili fossili(dovuti ai consumi evitati di gasolio e di benzina delle auto convenzionali sostituite da quelle elettriche) e i relativi esborsi economici, valutati in un risparmio di circa 1,8 miliardi di importazioni di combustibili fossili.

Però, ahimè, l’auto elettrica come avrete di certo compreso, non è ad zero emissioni e se mai lo diventerà grazie alla totale penetrazione delle rinnovabili e alla circolarità, si dovrà dire addio all’auto di proprietà e dare il benvenuto all’auto condivisa e all’energia condivisa, con tutti gli annessi e connessi…Video

Sicurezza sul lavoro, corso di guida sicura

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Il 40% dei morti sul lavoro, muore in un incidente stradale

Vorrei fare una riflessione: il 2018, si è chiuso con un incremento delle cosiddette morti bianche, raggiungendo l’agghiacciante valore di 1.450 morti sul lavoro. Più del 40% di questi lavoratori che sono morti, avevano come strumento di lavoro un veicolo aziendale e come posto di lavoro la strada. Sarà il caso per le aziende di investire in sicurezza stradale con una formazione specifica?

D. Lgs 81/08

Direi che non è solo il caso, ma un “obbligo”/dovere del datore di lavoro se consideriamo che il d.lgs 81/08 in materia di sicurezza sul lavoro, prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori, durante il servizio in tutti i settori di attività pubblici e privati. Ne consegue, che i rischi derivanti dalla guida di un veicolo aziendale, fanno parte di quelli collegati allo svolgimento della mansione lavorativa. Se alle vittime di cui sopra aggiungessimo i morti in genere sulle strade per incidenti stradali, viene fuori un bollettino di guerra: oltre 3.300! Il 10% degli incidenti stradali avviene a causa di un eccessivo consumo di alcol, il 4% degli incidenti mortali avviene contro gli alberi! Negligenza, distrazione, inconsapevolezza, onnipotenza, spavalderia, il tutto rafforzato dalle scarse capacità alla guida. Il reato di omicidio stradale da quando è attivo, non ha sortito gli effetti sperati e gli incidenti stradali continuano a mietere vittime.

Sicurezza sul lavoro. Corso di guida sicura obbligatorio

Il governo dovrebbe finalmente capire che le multe e lo spauracchio della galera e della perdita della patente, non salvano le vite….Piuttosto dovrebbe rendere obbligatori i corsi di guida sicura! Solo la formazione e la consapevolezza rendono gli automobilisti più capaci e meno pericolosi. Frequentando un corso di guida sicura, l’ allievo viene messo di fronte a situazioni che gli fanno capire di avere dei limiti e che guidando un veicolo per strada, si corrono moltissimi rischi prodotti dalle insidie del traffico e del meteo non sempre buono. L’ allievo realizza che guidare un veicolo significa essere sottoposti alle leggi della fisica alle quali l’uomo e la ”macchina” devono piegarsi o adattarsi. Tutto ciò attraverso un percorso formativo in cui l’utente della strada riceve le nozioni base che gli permetteranno di affrontare le emergenze, limitando il rischio di rimanere coinvolto in un incidente stradale. In Austria da quando i corsi di guida sicura sono obbligatori, gli incidenti mortali sono diminuiti del 33%! Impariamo dalle esperienze altrui!

Metano vs Elettrico. Il confronto nei dettagli

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Quanti km con un kg di metano?

La sfida metano vs elettrico, ci porta a fare dei calcoli… Un’auto a metano, mediamente, permette un risparmio del 60% rispetto ad una alimentata a benzina, del 30% rispetto ad un’auto col motore diesel o gpl ed il motore endotermico alimentato a gas naturale è quello che emette meno CO2 (anidride carbonica) e Nox (ossidi d’azoto), rispettivamente – 25% rispetto ad un motore alimentato a benzina e – 75% rispetto ad un motore diesel. Con un pieno di gas naturale un’auto di ultima generazione percorre tranquillamente 300 km. Un’auto elettrica, percorre 100 km, con una spesa media di circa 4 euro, quindi le spese per il “carburante” si possono tranquillamente allineare a quelle di un’auto alimentata a metano, stessa cosa per quanto riguarda l’autonomia, che si avvicina e a volte supera i 300 km. Il discorso cambia radicalmente alla voce, tempi per fare un pieno ed alla voce emissioni.

Nel primo caso l’auto elettrica impiega 10/14 ore se collegata alla rete domestica e almeno 1 ora se collegata ad una colonnina di ricarica fast, da 100/125 kW, che non si trova dappertutto; nel secondo caso si può dire che l’auto elettrica sia ad emissioni zero? Assolutamente no, in quanto in Italia le centrali elettriche producono CO2, perché funzionano grazie all’utilizzo in gran parte di fonti energetiche non rinnovabili, quali i combustibili fossili e tra l’altro tanta dell’ energia elettrica si compra all’estero, quindi l’impatto sull’ambiente non è facilmente calcolabile ed è quindi incerto e non pari a zero.

Quindi chi vince?

La sfida metano vs elettrico, per il sottoscritto è vinta dal metano! Questo tipo di alimentazione mette d’accordo chi vuole risparmiare e inquinare il meno possibile, senza avere l’ansia d’autonomia, grazie all’ormai capillare rete di distribuzione del metano. Poi non ultima differenza importante è il costo d’ acquisto che per un’auto elettrica è sensibilmente maggiore. L’auto elettrica sarà una vera alternativa solo se e quando le colonnine di ricarica saranno molto diffuse e potenti e quando il prezzo d’acquisto sarà in linea con quello di un’auto con motore a combustione interna.

Revisione bombola metano: cosa dice la legge?

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Il serbatoio in fibra di carbonio

Il serbatoio in fibra di carbonio, rivoluzionerà il mondo delle auto a metano, così come la revisione bombola metano! Ormai tutti sanno che tra le soluzioni più green in campo automobilistico, c’è l’alimentazione a metano. Una volta questo combustibile naturale, era appannaggio di pochissimi utenti della strada. Per una serie di motivi, quali il bagagliaio inesistente a causa dell’ingombro delle bombole, la pericolosità in caso di incidente(ricordo che il metano è stoccato a 200 bar), le scarse prestazioni, dovute ad un fisiologico calo di potenza del motore, la scarsa autonomia e la difficoltà di trovare un distributore. Tutti i difetti di cui sopra, sono stati eliminati, ormai da qualche anno!

Sono rimasti solo i pregi. Ovvero le basse emissioni nocive ed il risparmio in termini di economia di esercizio, che supera anche le tanto acclamate auto elettriche. Ma da buoni ITALIANI, siamo riusciti ancora una volta a complicarci la vita… La famigerata revisione della bombola? Le bombole d’ acciaio, vanno sottoposte a revisione ogni 4 anni, quelle in fibra di carbonio?

Bombole metano garantite 20 anni

Il costruttore del serbatoio in fibra di carbonio, garantisce che questa soluzione permette di avere bombole sicure per 20 anni, senza bisogno di revisione/sostituzione. L’Europa, recepisce questo, l’ Italia come al solito no!

Quindi dopo qualche tempo nel limbo, gli automobilisti italiani, che avevano acquistato un’auto dotata di bombole in fibra di carbonio, finalmente sanno cosa devono fare e possono tornare ad usare l’alimentazione a metano tranquillamente. Le bombole in fibra di carbonio, CNG4, vanno sottoposte a revisione, attraverso un controllo visivo e quindi senza bisogno di essere smontate.

Ogni 4 anni dalla prima immatricolazione e poi ogni 2 anni (circolare 27 Marzo 2015). Norma obsoleta!

Aggiornamento 13 luglio 2022la Revisione bombola metano CNG4, successiva alla prima revisione, è stata portata da 2 anni a 4 anni, come una semplice bombola in acciaio.

Caratteristiche

• Le bombole di ultima generazione CNG4 sono costituite da un corpo in polietilene avvolto nella fibra di carbonio per una maggiore resistenza alla pressione e, infine, rivestita in fibra di vetro.

Rispetto alle bombole in acciaio arrivano a pesare anche un 30% in meno; resistono alla corrosione; secondo la normativa ECE ONU110 le bombole in composito hanno durata ventennale e non necessitano di sostituzione. Acquistiamo tranquillamente automobili alimentate a metano!